Sunday, April 22, 2012

1 Sem 2012 - Part Seventeen

Enrico Pieranunzi
Permutation





by Ken Dryden
Enrico Pieranunzi is among the top echelon of European jazz pianists. For this session he plays his originals with veteran bassist Scott Colley and the rising young drummer Antonio Sanchez. "Strangest Consequences" is a tense post-bop opener with terrific interplay by the trio. "Critical Path" alters between a jaunty, playful air and intricate bop, showcasing Sanchez's considerable chops as a soloist. The pianist's "Permutation" has the vibe of a busy urban setting, with Colley laying down an infectious groove. Pieranunzi is at his most lyrical in the bittersweet ballad "Distance from Departure," with spacious playing and terrific, sensitive support by his sidemen. The pianist's breezy, lighthearted "Every Smile of Yours" suggests a clear spring day, played as a brisk waltz. The lonely air of the ballad "Within the House of Night" couldn't be more direct, conveying its sense of longing without a lyric. Enrico Pieranunzi is long overdue to be recognized among the jazz greats of his generation on a worldwide basis. Permutation provides ample justification for his inclusion.


Matt Slocum
Portraits

Cover (Portraits:Matt Slocum)

by Michael G. Nastos
Drummer/composer Matt Slocum's debut album as a leader has him sharing good company. The Wisconsin native takes full advantage of his residency in California by employing the rising star pianist Gerald Clayton, adding bassist Massimo Biolcati (on loan from Lionel Loueke), and adds saxophonists Walter Smith III, Dayna Stephens, or Jaleel Shaw on four select tracks. As a trio with Clayton, Slocum's music is taken over by the pianist's deft touch, holistic ideas, and beautiful, spontaneous inventions that supersede the written notes, while there's a better feeling of composition on the tracks featuring the saxes. It's all done quite beautifully, with the tasteful reserve many young mainstream jazz artists prefer rather than bebop bombast. "Averida Del Paraiso" is a truly gorgeous as Clayton's chiming piano moves in 4/4 time within 6/8, while the wonderful spirit song, "Cambria," also exudes the absolute resolve of a lovely persona. Alto saxophonist Shaw and Stephens on tenor team up for "Seven Stars" in modernistic parallel to the standard "Alone Together," while Smith's biting tenor goes alone with the bass and drums à la Sonny Rollins on "Homage" and the classic Billy Strayhorn ballad "Daydream" sans Clayton. Everything here is played meticulously, as these young musicians employ savvy tones far beyond their years. It seems drummers like Slocum, Dan Aran, and Daniel Freedman are coming to the forefront these days as performers who concentrate on writing their own music, proving that rhythm navigators are just as musically original as anyone. This auspicious debut should put Matt Slocum's name firmly on the jazz map of artists deserving wider recognition. 


Juri Dal Dan Trio
Trilogia Di Un Viaggiatore

Trilogia di un viaggiatore

By Luca di Varmo

1. Dosti riscopre la luna
2. Going to Portugal
3. Viaggiando con te a notte fonda
4. Tornando a casa
5. Dosti Blues

Juri Dal Dan-piano
Piero Cescut-bass
Alessandro Mansutti-batteria
Federico Missio-sax track 3
Ermes Ghirardini-batteria track 3

Nuovo disco dello Juri Dal Dan Trio pubblicato per artesuono. "La luna era appena spuntata come un’enorme ruota di pietra calcarea, ed era leggera come fosse stata riempita d’aria. Sembrava staccarsi da tutto e da tutti. Chissà quante persone la stavano guardando in questo momento, e quante, come me, la stavano scoprendo”. Con queste parole - tratte dal libretto allegato al cd - si chiudono i diari di viaggio di Dosti Kudret, protagonista semi-inventato, e in parte autobiografico, di una serie di racconti che ispirano e integrano la Trilogia di un Viaggiatore, opera in tre parti realizzata dal pianista pordenonese Juri Dal Dan, al suo primo disco Artesuono. Dosti, prima di essere il fulcro intorno al quale ruotano i tre momenti musicali centrali del disco (preceduti da un’introduzione e seguiti da un blues finale), è un nome, un suono su un campanello di casa. Un personaggio reale prima di tutto, amico immaginario all’inizio, poi addirittura “fratello mai avuto”, come lo definisce Dal Dan stesso. “Quando sono venuto a vivere a Pordenone - continua -, sulla targhetta del campanello di casa ho trovato il nome di questo Kudret. E’ capitato persino che mi scambiassero per lui. E’ stata l’occasione buona affinché la mia fantasia decidesse che Dosti poteva essere un personaggio vuoto da riempire. Era un alter ego perfetto per rappresentarmi in situazioni fittizie, partendo da episodi di vita vissuta. Verso un qualunque viaggio”. Si potrebbe dire che nel jazz, la tematica del viaggio sia alla base di tutto. Viaggio come diaspora del popolo africano in schiavitù, verso l’America, viaggio dalla campagna alle “big cities”, quando il blues e altro ancora diventavano jazz urbano, viaggio come momento compositivo ideale per uno come Duke Ellington che, accompagnato perennemente dal fido Harry Carney - autista nonché sax baritono -, scrisse sul sedile posteriore della vettura pagine preziosissime della musica di tutti i tempi. “Nel periodo in cui ho cominciato a scrivere la Trilogia, ero appena uscito dall’ospedale per una malattia seria. Ero molto provato fisicamente, e l’ascolto di Ellington - uno sempre in viaggio, che con le sue composizioni ti faceva rivivere i posti in cui era stato - accentuava quella voglia di viaggiare che ti viene quando sei costretto a letto. Sentivo anche la necessità di dare sfogo a molte tensioni interiori. Dovevo scavare in profondità, dentro me stesso. E il viaggio era il mezzo giusto”. Un alter ego quasi reale, che compie un viaggio parzialmente autobiografico dunque, come pretesto per scendere nell’io più profondo: questa è Trilogia di un Viaggiatore. Quella che ritroviamo accanto al piano di Juri Dal Dan, nel disco si conferma una vera e propria famiglia musicale. Prima di tutto, c’è un trio rodato e longevo, costituitosi nel 2002, il cui organico è variato nel tempo, fino alla formazione attuale, che vede Piero Cescut al basso elettrico e - da quasi due anni - Alessandro Mansutti alla batteria. Ospiti speciali, per grande affetto e stima artistica reciproca, il sassofonista Federico Missio - copilota di Dal Dan in un prezioso progetto che musica il cinema muto - e il batterista/percussionista Ermes M. Ghirardini. “Per quanto mi riguarda - dice Juri -, lavorare con le stesse persone, crescendo insieme fa la differenza. Una ritmica che nasce insieme, ha tempo di affiatarsi e creare un bell’interplay. Gian Piero (Cescut) è per me un fratello musicale. Dal ’96 con lui faccio coppia fissa. Con me ha attraversato tante fasi, dal funky puro alla trasformazione più recente (non evoluzione, badate bene). Alessandro (Mansutti) è un talento, una persona squisita e ha le qualità di un “grande”. E’ flessibile e capisce subito cosa deve fare raggiungere il risultato”. Il flusso musicale del cd (che conviene accompagnare con la lettura dei racconti abbinati, scritti dal pianista stesso), comincia con la fine della storia. Dosti riscopre la luna - la cui spiegazione del titolo è riportata nel nostro incipit - scorre con accordi cosiddetti aperti e un tema largo, che dipingono il momento in cui Kudret/Dal Dan - personaggio semplice e visionario - riscopre la propria complessità e il senso di appartenenza al mondo, alla natura di un paesaggio lunare in una notte d’estate. Il primo brano della suite, Going to Portugal, rappresenta invece la scintilla che ha fatto nascere tutta la Trilogia. E’ un 3/4 sereno, solare, sudamericano, che esprime la partenza da casa, l’inizio del viaggio, l’evasione in cerca di nuovi stati d’animo. E il tema “respira”, e ti porta con lirismo ed euforia alla “meta”, in questo caso il Portogallo. Dosti fa un lavoro snervante e poco appagante. Il viaggio dovrebbe servirgli per alleviare la condizione di cui è prigioniero. Ma accade un forte litigio con la compagna. La situazione è ben descritta nella prima parte di Viaggiando con Te a Notte Fonda, in cui monta una nervosa improvvisazione libera, come un feroce scambio di battute. Dopo la tempesta però, arriva la quiete. Nella seconda parte, il clima diviene notturno, ricco di pace estrema, ritrovata dopo la sofferenza, e dipinge il riappacificamento tra Dosti e la compagna. Non c’è niente che possa descrivere a parole l’energia positiva che si riscopre dopo un viaggio ricco di situazioni emotivamente difficili. In Tornando a Casa, Juri Dal Dan racconta in musica come Dosti abbia scoperto qualcosa in più di sé stesso, i propri limiti. E racconta di come ora sia in grado di accettarli, insieme ai propri fallimenti. E’ il primo step per migliorarsi. Ai suoi occhi, lasciate dunque le tensioni interiori, tutto prende una luce diversa. L’energia di questa traccia è forte, e il ritmo latino usato nella composizione del brano rappresenta l’entusiasmo per aver compreso un importante aspetto di sé stessi. E così il viaggio, catartico, si conclude. “Titoli di coda”, come dice Dal Dan, con un sottofondo liberatorio. Non c’è niente di meglio che un buon blues per riemergere dai travagli interiori. Dosti Blues però non è il classico blues che ci si potrebbe aspettare. E’ prima di tutto un mantra, un qualcosa che gira su sé stesso, e cresce, lasciando in sottofondo, una vena di malinconia positiva.


Francesco Negro Trio
Silentium




By Marco Sabellico
Il titolo già la dice lunga. Silentium. Pace, Calma. Intimità. Francesco Negro ci sta regalando un percorso attraverso dieci brani, dieci riflessioni. Dieci frammenti (come alcuni dei suoi pezzi si chiamano). Adorabili piccole perle da vivere fino in fondo, per cogliere l’essenza di un lavoro, di una ricerca che definire Jazz francamente mi sembra limitativo. Francesco, pianista dalla raffinatissima tecnica e dotato di straordinario tocco e sensibilità, si propone in trio con due eccellenti musicisti, il batterista Ermanno Baron ed il bassista Igor Legari.
Bene, se per un attimo provate ad eliminare il fantasioso ed improvvisativo drumming di Baron e il collante di Legari alla frase pianistica di Negro, il risultato è davvero un’altra cosa. Siamo in pieno Novecento, troverete reminiscenze di Satie e di Debussy e tanti altri prima di arrivare alle pulsazioni swing e all’hard bop, fino alle frasi melodiche più originali e ai suoni più attuali. Un bel viaggio da vivere trasognati e contemplativi, esplorando le nostre sensibilità, il gusto, i profumi e sapori che brani come La Mia Africa (mandorle nocciole fondente), Koala (tavoletta con granella di croccante), Angiolina (Africa) riescono a evocare.
Un viaggio del gusto in cui i dieci cioccolati artigianali di Maurizio Maglio - d’autore come i brani in questione - possono essere il giusto fill-in, come un sorso di puro malto o un vecchio cognac assieme a loro. Un gioco? Sì, un gioco bellissimo. Di rimandi, citazioni, contaminazioni tra Africa, Mediterraneo, Nuovo Mondo. Di suoni e sapori. Dove poi alla fine rimangono le cose vere e pure. Tre straordinari affiatatissimi musicisti, sapori eleganti nati da maestria e straordinaria materia prima. Interpretazioni, insomma, che sta a noi saper leggere.


VEIN (Thomas Lahns,Michael Arbenz,Florian Arbenz)
Plays Porgy & Bess

By Unitrecords
Product Information First VEIN are indeed classically trained musician. And love, as such, the opera as a genre.
Second, Gershwin's entire music not only close to the Jazz, but it has penetrated from the beginning and (with, I Got Rhythm ') marked forever. And thirdly, the jazz history and a long history of jazz interpretations of Porgy & Bess (with the illustresten, dazzling example of Gil Evans and Miles Davis). A mortgage that is too large, will for anyone new to add?Who knows the musicians of VEIN know: no. Because if VEIN goes to work, there is not a simple replay foreign music (what else), but always to create the challenge and self-image, it just something as idiosyncratic Independent.
And so with Porgy & Bess once again a gorgeous VEIN album was created, bursting with ideas, full of surprising tempo, rhythm and dynamics of change and studded with enchantingly lyrical and witty and whimsical Impromptus.
It is precisely because they love this music so seriously, take all three again the freedom of their own, unique way to play with the music: from the explosive iridescent overture of cranky-playful tone picturesque distorted solo lots and wonderfully harmonious interpretations of, I Loves You Porgy 'or' Strawberry Woman 'to unusually fast-paced versions of' It Is not Necessarily So 'or' There is a boat leavin 'soon for New York'.
How to say in general is that it has become a VEIN-album, which is in between very carelessly allowed to come thus ternary, fantastic swinging, and identifies its protagonists as a veritable jazz virtuosos.
Virtuoso in the best sense. Because each of the three white always take back the right moment. And is such a great dramatic arc, and the subtly balanced musical structure its grip.

1 Ouverture
2 Summertime
3 Bess, you is my woman now
4 I got plenty o' nuttin'
5 Here come de honey man
6 I lonesome here all by myself
7 I loves you Porgy
8 Summertime
9 It ain't necessarily so
10 Crab man
11 My man's gone now
12 Strawberry woman
13 There's a boat dat's leavin' soon for New York
14 Oh Bess, where's my Bess / Oh Lawd, I'm on my way



Anthony Wilson
Seasons: Live At The Metropolitan Museum Of Art

Cover (Seasons: Live at the Metropolitan Museum of Art:Anthony Wilson)

By Michael J. West/JazzTimes
Seasons is best approached as a DVD release with bonus audio CD, not vice versa. The April 2011 performance features four guitarists (Anthony Wilson, Steve Cardenas, Julian Lage and Chico Pinheiro) on gorgeous, custom acoustic archtop guitars built by luthier John Monteleone. (The instruments were on display in the Met’s “Guitar Heroes” exhibit earlier this year.) With each part of Wilson’s four-movement Seasons suite, the leaders—and guitars—rotate. There’s no knowing who plays what without visual aids.
The suite itself, commissioned by Monteleone, is a winning, eclectic piece. It varies its styles to capture seasonal moods: Pinheiro nimbly leads a samba on “Spring,” for example, and “Autumn” features Lage in a wistful folk ballad. However, each movement has a cadenza that echoes themes from the previous movement, binding them together without stepping on the surprises. “Spring” and the bluegrass “Summer” are the most lyrical and memorable (though the latter bears an unfortunate resemblance to “Dueling Banjos”). “Autumn,” though more challenging, compensates with its sweetness as well as an expressive valedictory solo by Cardenas. He also leads on the opening “Winter,” dissonant and austere to the point of being avant-garde; the movement locates its main theme in an off-kilter descending figure that’s simultaneously discomfiting and an earworm.
Wilson, who leads on “Summer,” finds other ways to dominate the full suite, whether in a prominent solo on “Spring,” or closing “Autumn” with a “Winter” recapitulation. This isn’t a complaint: It’s his piece, and his work is superlative, as is everyone’s. The CD is filled out with four solos and an ensemble take on Joni Mitchell’s “The Circle Game.” All are nice, Lage’s “April Kisses” especially, but essentially Easter eggs.

1 comment:

Nada Dosti said...

Per quanto riguarda Juri Dal Dan, ho visto le cose che hai publicato, per prima senza il mio permesso, poi seconda cosa hai fatto un grosso errore che mi hai ofesso tantissimo:io non ho una compagna, ma sono feliccemente sposato da 15 anni, non sono bugiardo, e non sofro di solitudine e' solo che ho pocci amicci: come e' quel detto meglio soli che mal'accompagnati..!Dosti Kudret